Quando nel gennaio del 1974, per un intervento di Urban Art, porta Pinciana fu accuratamente fasciata con un immenso tessuto di propilene e corde in dacron, per i romani fu un vero shock!
Christo Vladimirov Yavachev e la sua compagna Jeanne Claude occultarono alla vista dei passanti 259 metri di mura urbane: occorsero quattro impegnativi giorni di lavoro e ben quaranta montatori.
In un periodo non facile per Roma, che aspettava la svolta nicoliniana delle Estati romane per dare una risposta all’oscurantismo dei cosiddetti “anni di piombo”, l’arte, nello scenario violento che pervadeva l’Italia, cercò di non esiliarsi al chiuso degli studi, ma di intervenire nel quotidiano, uscendo dalle gallerie e dai musei.
In quegli anni, caratterizzati da una cultura in fermento, Achille Bonito Oliva, prima di rivelarsi un genio indiscusso con la Transavanguardia e il Gruppo di San Lorenzo, ebbe il merito di spalancare l’arte a un approccio spettacolare ed innovativo. Il critico organizzò a Roma la mostra Vitalità del negativo (1970), con artisti come Jannis Kounellis e Michelangelo Pistoletto, quindi coinvolse Christo in Contemporanea (novembre 1973/marzo 1974): in quella occasione il garage sotterraneo di Villa Borghese fu trasformato in una “pinacoteca drive-in”, che accolse i maggiori protagonisti della cultura internazionale, uniti nel cercare una risposta alla domanda: cos’è l’arte?
La filosofia artistica di Christo si basa sulla sottrazione alla vista dell’esistente tramite il suo impacchettamento, un’improvvisa assenza che ridiventa presenza nel momento dello spacchettamento; da una parte l’azione distruttiva della cancellazione della memoria, dall’altra il recupero rassicurante dell’oggetto.
Questo tratto delle mura Aureliane, dalla fine dell’800 e per oltre un secolo, ospitò diversi studi d’artista: un’altra epoca, altre avanguardie. Possiamo immaginare che Christo, conoscendo la storia del monumento, non volesse limitarsi a un intervento di Urban Art, ma avesse l’intenzione di dare un segnale di rottura con un’arte paludata e isolata, consolidata nella tradizione della figurazione pur con risvolti d’alto artigianato.