Villa Ludovisi: un “fermo immagine” prima della scomparsa

Il quartiere a ridosso di porta Pinciana deve la sua denominazione alla villa seicentesca realizzata dal cardinale Ludovico Ludovisi (nipote del pontefice Gregorio XV) a ridosso delle mura Aureliane. La villa contava edifici importanti, un lussureggiante giardino, una preziosa collezione archeologica e artistica e era oggetto di grande ammirazione da parte di studiosi e viaggiatori italiani e stranieri.

Quando tra il 1885 ed il 1889 la proprietà venne destinata alla lottizzazione dal principe Rodolfo Boncompagni Ludovisi, numerose si levarono le proteste. Mentre erano in corso le demolizioni Gabriele D’Annunzio scriveva: «I giganteschi cipressi Ludovisii, quelli dell’Aurora, quelli medesimi i quali un giorno avevano sparsa la solennità del loro antico mistero sul capo olimpico del Goethe, giacevano atterrati […] Sembrava che soffiasse su Roma un vento di barbarie e minacciasse di strappare quella raggiante corona di ville gentilizie a cui nulla è paragonabile nel mondo delle memorie e della poesia» (G. D’Annunzio, Le Vergini delle Rocce, Milano 1896, cap. I).

Tra il 1883 ed il 1885, prima che i meravigliosi giardini e gli edifici scomparissero, sostituiti dalle costruzioni del nuovo quartiere di Roma Capitale, Ignazio Boncompagni Ludovisi sentì la necessità di documentare la villa. Appassionato di fotografia, raccolse magnifiche foto in un album denominato Villa Ludovisia, conservato nell’Archivio di famiglia. Circa cinquant’anni dopo, il 21 aprile 1930, Francesco Boncompagni Ludovisi, all’epoca Governatore di Roma, donò le copie di 76 foto al Museo di Roma, inaugurato in quello stesso giorno. Sfogliando il prezioso album si ripercorrono i viali ornati dalle numerose sculture antiche e fontane, l’ombroso bosco dei lecci, il piazzale dei Platani antistante l’edificio principale detto il palazzo Grande, il casino dell’Aurora, lo splendido giardino segreto con la sua grande uccelliera, altri edifici residenziali e di servizio, il monumentale cancello d’accesso e la vista delle mura Aureliane che costituivano uno dei confini della villa.

La raccolta di immagini rappresenta dunque un’importante testimonianza della villa scomparsa, della quale oggi sopravvive solo il Casino dell’Aurora e l’edificio inglobato nella sede dell’Ambasciata Americana, mentre parte della collezione archeologica, venduta allo Stato, è oggi esposta presso il Museo Nazionale Romano a Palazzo Altemps, e il gruppo scultoreo del Ratto di Proserpina di Gian Lorenzo Bernini si può ammirare presso la Galleria Borghese.

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