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Gli ultimi restauri papali 

Nella notte tra il 3 e il 4 aprile 1853 “l’angolo nella cortina delle mura castellane compresa fra la 14° e la 15° torre a contare dalla porta San Giovanni verso la porta Maggiore, e precisamente sotto l’orto dei padri cistercensi in Santa Croce in Gerusalemme”, crollò occupando un tratto della strada pubblica. Nonostante il motu proprio di papa Pio IX nel 1847 avesse attribuito al neonato Comune di Roma la competenza sulla manutenzione delle Mura della città, i restauri e del muro caduto furono curati dal Papa che si avvalse della collaborazione dell’architetto Virginio Vespignani. Venne demolito quanto restava della cortina per una lunghezza complessiva di 22 metri e ricostruito al posto della torre caduta uno sperone che fungeva anche da sostegno per l’orto dei Cistercensi con altezza pari al terrapieno del giardino. 

Il restauro di Pio VII Chiaramonti

I restauri compiuti durante il pontificato di Pio VII (1800-1823) videro all’opera l’architetto camerale Giuseppe Valadier, che aveva ricevuto dalla Reverenda Camera Apostolica i compiti di: garantire che non ci fossero intromissioni fraudolente all’interno delle Mura, eliminare la vegetazione infestante e assicurare la stabilità della fortificazione, reintegrandone i mattoni continuamente sottratti dai carrettieri per ricavarne materiale da costruzione. Per reintegrare le lacune esistenti furono utilizzati prevalentemente mattoni recuperati dalla demolizione di muri ed edifici antichi. 

L’iscrizione di Paolo V Borghese

L’iscrizione documenta il restauro di Paolo V (1605-1621) nell’anno 1618, tredicesimo del suo pontificato.

Lo stemma di Paolo V Borghese (1605-1621) 

Lo stemma marmoreo documenta l’intervento di restauro di Paolo V (1605-1621).

Il  Sessorium e Santa Croce in Gerusalemme

Tra la fine II e gli inizi III secolo, nell’area oggi occupata dalla basilica di Santa Croce in Gerusalemme, si trovavano gli horti Spei Veteris, i “giardini della Speranza Vecchia” edificati da Settimio Severo (193-211), una lussuosa dimora con strutture residenziali, fontane e ampie zone verdi. L’imperatore Elagabalo (218-222), aggiunse al complesso il circo Variano, l’anfiteatro detto Castrense e le terme, denominate Eleniane da Elena, madre di Costantino. A partire dal IV secolo, l’intero complesso prese il nome di Sessorio.

In questo periodo Costantino trasformò un ambiente della villa in una basilica cristiana, detta Hierusalem, per celebrare la città santa di Gerusalemme. Al suo interno vennero deposte le reliquie della Santa Croce, che, secondo una tradizione molto antica, sarebbero state rinvenute dalla stessa Elena in Terrasanta.

La Turris Castellum

All’incrocio tra via Casilina e viale Castrense si trova la torre più singolare dell’intero settore, rivestita tra il XII e il XIII secolo con filari di laterizi, blocchetti di tufo, peperino e selce, oltre a frammenti di marmo e travertino di cui alcuni lavorati pertinenti a sarcofagi e lastre decorate. In un documento del 966 la torre viene denominata turris castellum forse in riferimento al fatto che fungesse in quest’epoca come castello di distribuzione dell’acquedotto. Nel 1720 veniva descritta come torrione grande e castello dell’acqua antica. Alla metà dell’Ottocento vi fu addossato un casotto con camino adibito a osteria. Infine durante la seconda guerra mondiale l’interno fu utilizzato come rifugio antiaereo.

Il prospetto interno di Santa Croce in Gerusalemme 

All’interno del comprensorio di Santa Croce in Gerusalemme è ben riconoscibile l’Acquedotto Felice. Le strutture antistanti, invece, si riferiscono a una ricca domus scavata tra il 1959 e il 1962, della quale rimangono visibili ambienti relativi alla parte di rappresentanza con grandi sale decorate da intonaci dipinti e mosaici e una parte privata con locali di dimensioni più contenute datata al IV secolo.

Il deposito di carburanti 

Nel tratto successivo le Mura sono invisibili dal lato esterno alla città perché nascoste da un muro di recinzione che negli anni sessanta delimitava un deposito di oli e carburanti.

L’iscrizione dell’Acqua Marcia 

Un’iscrizione commemorativa  in lingua latina celebra l’immissione dell’acqua portata dal dall’Acquedotto Marcio nella rete di distribuzione di Roma, inaugurata nel 1923. Il testo, oltre a celebrare gli effetti benefici e salutari dell’opera appena compiuta, accenna anche alle antiche origini dell’acquedotto, la cui costruzione fu voluta dal pretore romano Quinto Marcio Re nel 144 a.C. Questo era uno dei più lunghi della città con i suoi 94,4 chilometri di percorso e la sua acqua era ritenuta da Plinio il Vecchio la migliore di tutte sulla terra per freschezza e salubrità, un dono degli Dei alla città.

Il tratto di muro merlato

Subito dopo la prima torre si vedono 5 merli inglobati nella muratura. Essi rappresentano l’altezza massima raggiunta dalle Mura di Aureliano.  La struttura in blocchi di tufo visibile subito dopo corrisponde a uno degli speroni di rinforzo dell’Acquedotto Claudio presenti lungo tutto il percorso a intervalli costanti. La sommità è sormontata dall’Acquedotto Felice, con il caratteristico coronamento a bauletto. All’interno del comprensorio di Santa Croce in Gerusalemme le Mura Aureliane sono difficilmente distinguibili dalle strutture degli acquedotti Claudio e Felice.

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