Con l’unità d’Italia le mura Aureliane persero la loro funzione difensiva e divennero essenzialmente un ostacolo al traffico. Quando porta del Popolo finì nel mirino dei neo urbanisti, che decisero l’apertura di nuovi fornici veicolari, si accese un animato dibattito «che coinvolse uomini illustri per cultura e posizione nelle amministrazioni del Comune e dello Stato». Nel 1877 la vicenda si concluse purtroppo con lo smantellamento delle torri che fiancheggiavano la porta. La Commissione Governativa per la Conservazione dei Monumenti, già in preda ai sensi di colpa per aver acconsentito alla demolizione, andò ancor più in crisi quando, iniziati i lavori (costati 300.000 lire), apparvero inaspettatamente, per poi essere distrutti, i resti dell’antica porta Flaminia (270-275 d.C.).
Non appena i picconi si abbatterono sulle torri tornarono alla luce anche diversi frammenti lapidei, utilizzati nel corso dei secoli nelle varie fasi di costruzione e restauro dei bastioni. L’attenzione degli studiosi si concentrò su alcune lastre di marmo lunense di grandi dimensioni, pertinenti a uno splendido bassorilievo, nelle quali era rappresentata un’animata corsa di quadrighe: i resti, datati al II secolo d.C. e conservati presso i Musei Capitolini, originariamente avevano decorato il monumento sepolcrale di un tal Calpurnianus. Chi era costui?
Nell’Itinerario di Einsiedeln, una sorta di guida di Roma redatta nel IX secolo ad uso dei pellegrini, fu descritto un sepolcro dell’antico cimitero Flaminio, ubicato proprio vicino alla porta, e fu trascritta l’iscrizione celebrativa che ne attribuiva la proprietà al popolare auriga Publius Aelius Gutta Calpurnianus. Calpurniano aveva partecipato a numerose competizioni cambiando più volte scuderia, passando dai rossi ai verdi, dai blu ai bianchi. Dopo ben 1127 vittorie, sembra che avesse accumulato una enorme fortuna intascando diversi milioni di sesterzi: un vero campione celebrato con trionfi, cortei, fama e ricchezza.
Lo sfortunato sepolcro rimase integro almeno fino al Quattrocento, quando per volere di Sisto IV (1471-1484) fu saccheggiato ed utilizzato come cava di materiale per il restauro delle due torri. Nel 1911 erano ancora visibili, appena fuori da porta del Popolo, i resti poi demoliti di un sepolcro a pianta circolare, probabilmente proprio quello del nostro auriga. Sia pur separato dalla sua originaria collocazione, il ricordo delle imprese sportive dell’atleta sopravvive alle trasformazioni della città grazie al racconto marmoreo delle lastre capitoline.