Tra il 271 e il 275, dopo sei secoli dalla costruzione delle Mura Serviane, Roma si trovò di nuovo in pericolo, minacciata dalle popolazioni provenienti dal nord Europa. Dopo la terza invasione degli Alemanni, l’imperatore Aureliano decise di costruire nuove fortificazioni per sostituire le mura repubblicane ormai superate dall’ampliamento della città.
Il tracciato, che correva all’interno delle proprietà imperiali per limitare gli espropri, assecondava i declivi del terreno, sfruttava i fossati e le zone elevate, includeva gli acquedotti e tutte le strutture utilizzabili a scopo difensivo. Con una lunghezza di 19 km circa, il percorso si apriva in corrispondenza degli assi stradali preesistenti con diciassette porte principali e alcune posterule come la Ardeatina.
Le mura di Aureliano erano realizzate in opera laterizia con materiali in gran parte di recupero e raramente raggiungevano un’altezza superiore agli 8 metri, con uno spessore medio di 3,50 metri. Alla sommità un cammino di ronda scoperto era riparato da un parapetto merlato. Massicce torri quadrate, fornite di una camera coperta utilizzata per le macchine belliche, scandivano il tracciato ogni 30 metri.
Tra il 401 e il 403, a causa del pericolo di nuove invasioni, l’imperatore Onorio avviò un generale rifacimento delle mura. L’intera struttura fu rinforzata, innalzando di un piano i camminamenti e le torri. Il precedente cammino di ronda fu trasformato in una galleria coperta a volta, sopra la quale fu creato un altro percorso scoperto e protetto da merli, per un’altezza complessiva di 12 metri circa. Nelle torri fu realizzata una seconda camera di manovra per le macchine belliche, coperta da un tetto a quattro falde.
Consulta il modello 3D del plastico delle mura nell’età di Onorio: modello ottimizzato / modello originario da fotogrammetria.
In questa fase le mura assunsero l’aspetto attuale, ma la grande trasformazione non impedì il sacco di Roma di Alarico (410) né le successive invasioni dei Vandali (455). Belisario, il generale bizantino dell’epoca di Giustiniano (482-565) realizzò diversi restauri, ma non riuscì ad evitare l’invasione degli Ostrogoti di Totila.
Nel Medioevo, con il ridimensionamento della città, le mura compresero anche ampie zone disabitate; tuttavia mantennero un forte valore visivo e soprattutto un valore giuridico come cinta daziaria. La loro manutenzione era affidata ai papi. Dal X secolo, con la decadenza dei due poteri principali, l’Impero e la Chiesa, le lotte per la supremazia tra le famiglie potenti erano tutte interne alla cinta, che perse progressivamente importanza. Alcuni tratti furono abbandonati o utilizzati con diverse destinazioni. Solo dalla seconda metà del XII secolo, il Senato cittadino assunse la cura delle mura e nel 1157 realizzò un importante restauro, testimoniato da un’iscrizione murata a porta Metronia.
Le porte presero i nomi anche dalle vicine basiliche o catacombe: porta Appia divenne porta San Sebastiano, oggi sede del Museo delle Mura; porta Asinaria divenne porta San Giovanni; porta Aurelia prese il nome di porta S. Pancrazio; porta Flaminia fu denominata prima porta San Valentino e poi porta del Popolo; porta Labicana divenne Porta Maggiore; porta Ostiensis è ricordata come porta San Paolo; porta Tiburtina diventò porta S. Lorenzo.
Dal XV secolo i restauri delle mura furono nuovamente commissionati dai papi, che vi posero stemmi e iscrizioni. Il simbolo del potere pontificio sostituì per la prima volta l’autorità del Senato Romano durante il Giubileo del 1450, quando comparve sulle mura lo stemma costituito dalle due chiavi incrociate di papa Niccolò V.
A seguito del Sacco dei Lanzichenecchi (1527), papa Paolo III affidò ad Antonio da Sangallo il Giovane e a Michelangelo il rafforzamento difensivo della città. Dei diciotto bastioni previsti dal loro progetto, furono realizzati soltanto il Bastione Ardeatino (1537-42) e quello della Colonnella.
In questo periodo vennero anche edificate due nuove porte, Porta del Popolo e Porta San Giovanni al posto delle precedenti Flaminia e Asinaria.
Gli interventi ottocenteschi più rilevanti sono da attribuire a Giuseppe Valadier e Virginio Vespignani, che durante il pontificato di Pio IX (1846-1878), attuò un vero e proprio programma di restauri. Fu proprio Pio IX che nel 1847 affidò ufficialmente la cura delle mura al Comune di Roma e realizzò nel 1870 le ultime trasformazioni del circuito per la difesa della città dall’Esercito del Regno d’Italia, che comunque risultò vincitore.
A seguito di ciò, Roma fu proclamata Capitale del Regno e le mura, private della loro funzione, seguirono le esigenze dell’espansione urbana, subendo tagli e mutilazioni. Ciò nonostante si avviarono a diventare il monumento più imponente e rappresentativo della città.





2. Mura Aureliane tra porta Metronia e porta Latina
3. Mura Aureliane tra porta Maggiore e porta Asinaria
4. Mura Aureliane tra porta San Sebastiano e il Bastione del Sangallo
5. Mura Aureliane tra porta Flaminia e porta Pinciana