Secondo le fonti letterarie, alla metà del VI secolo a.C., il sesto re di Roma, Servio Tullio, costruì una cinta difensiva che circondava una città per l’epoca molto vasta, racchiudendo tutti i colli e sfruttando il pendio naturale.
L’ipotesi attualmente più accreditata è quella che in età arcaica esistesse già una fortificazione unitaria, alla quale potrebbero essere attribuiti i tratti di mura in blocchi di tufo granulare grigio (= tufo del Palatino, comunemente definito “cappellaccio”), dalle dimensioni notevolmente più piccole di quelle dei grandi blocchi squadrati di tufo giallo della via Tiberina (= tufo di Grotta Oscura) che caratterizzano la maggior parte dei resti oggi conservati. Questi appartengono infatti alla nuova cinta muraria fatta costruire agli inizi del IV secolo a.C., all’indomani della disastrosa invasione di Roma da parte dei Galli, come ricorda Livio nel 378 a.C.
La cinta muraria venne quindi completamente riedificata saxo quadrato, utilizzando grandi massi del tufo della via Tiberina, le cui cave si trovavano nel territorio sotto il controllo di Veio; un loro sfruttamento massiccio, come quello che doveva portare a Roma – via Tevere – decine di migliaia di blocchi per la costruzione delle mura, poteva essere concepibile solo dopo la conquista di Veio del 396 a.C.
Il perimetro ricostruibile di oltre 10 chilometri delimita un’area allungata dal fiume Tevere verso nord-est e i colli, correndo sul ciglio di essi per sfruttarne l’altezza a scopo difensivo. Nel tratto del pianoro esquilino, da porta Collina a porta Esquilina, dove le mura correvano non sul margine di un’altura ma più o meno in piano, un largo fossato davanti alle mura e terrapieno retrostante sostituivano artificialmente il pendio collinare.
Il tratto meglio conservato è sicuramente quello accanto alla stazione Termini, alto oltre 10 metri, mentre sull’Aventino, in largo Albania, è un altro ampio tratto – che prosegue poi su via dei Deci – con la caratteristica di un arco sempre in tufo, probabilmente l’apertura di una camera di lancio per i colpi delle ballistae.
Sull’Esquilino invece, nel giardino di piazza Manfredo Fanti, dove è oggi la Casa dell’Architettura, un’ampia struttura semicircolare, all’interno del tracciato murario, suggerisce la presenza di una probabile camera di manovra. Sui blocchi che la compongono sono ancora visibili i caratteristici marchi di cava incisi.




2. Ricostruzione del circuito murario e delle presenze archeologiche di età medio repubblicana, con indicazione dei tratti presi in esame (elaborazione da Roma medio repubblicana 2020)
3. Mura in Largo Albania, lato esterno
4. Mura in piazza Manfredo Fanti, lato interno con struttura semicircolare
2. Ricostruzione del circuito murario e delle presenze archeologiche di età medio repubblicana, con indicazione dei tratti presi in esame (elaborazione da Roma medio repubblicana 2020)
3. Mura in Largo Albania, lato esterno
4. Mura in piazza Manfredo Fanti, lato interno con struttura semicircolare