Porta Fabbrica

Aperta sulle mura cinquecentesche del circuito vaticano, porta Fabbrica, oggi murata e a una quota più bassa rispetto all’attuale piano stradale, presenta un semplice arco in laterizio con lo stemma pontificio di Clemente XI Albani (1700-1721) alla sommità. Come l’intero sistema difensivo cinquecentesco, la porta era preceduta sul fronte esterno da un fossato oggi non più presente, ma documentato dall’acquaforte di Giovan Battista Cipriani del 1817.

Il nome della porta deriva dal fatto che essa costituiva la via di comunicazione privilegiata alle fornaci della zona limitrofa in direzione dell’Aurelia Antica, da cui venivano prelevati i materiali per la fabbrica di San Pietro. Per tale motivo fu conosciuta anche con il nome di porta Fornacum

Sotto lo stemma pontificio è ancora visibile l’emblema della Fabbrica di San Pietro rappresentato dalle chiavi e dalla tiara pontificia affiancate dalle lettere F. A. (Fabrica Apostolica).

Fu murata e riaperta varie volte fino all’intervento di ricostruzione del pontefice Albani che, secondo l’erudito Giuseppe Bianchini, la riedificò di nuovo dai fondamenti (G. Bianchini, G. Vasi, Delle magnificenze di Roma antica e moderna libro primo che contiene le porte e mura di Roma, Roma 1847).

Porta Castello

Costruita sull’ampliamento delle Mura vaticane voluto dal pontefice Pio IV Medici (1559–1565) intorno al 1563, porta Castello fu la prima in ordine di tempo aperta sul nuovo recinto mediceo in corrispondenza della spianata della fortezza di Castel Sant’Angelo.

La porta fu completata nel 1565 come attesta un pagamento per la decorazione architettonica allo scalpellino fiorentino Paolo Pianetto.

L’originario accesso, non più esistente, si trovava all’altezza delle attuali via di porta Castello e via Vitelleschi.  Nel 1883 la Giunta Comunale ne deliberò la demolizione per le rinnovate esigenze urbanistiche del quartiere di piazza d’Armi.

Oggi, con lo stesso nome, vengono indicati i due fornici sul Passetto, il primo aperto dallo stesso Pio IV per l’accesso ai Borghi e il secondo risalente agli anni Trenta del Novecento.

La porta, dal marcato carattere militare, con un’unica apertura architravata a bugne, era decorata alla sommità delle lesene da due palle medicee, dallo stemma pontificio e da iscrizioni dedicatorie. 

Porta Angelica

Porta Angelica fu costruita nel 1563 sotto il pontificato di Pio IV Medici (1559-1565) in occasione del piano di ampliamento dei Borghi affidato dal papa mediceo all’architetto cortonese Francesco Laparelli (1521-1570). 

La porta fu realizzata sul nuovo tratto di Mura Vaticane in sostituzione dell’antica porta San Pellegrino risalente al pontificato di papa Leone IV (847-855), dal 1277 conosciuta anche come porta Viridiaria dal nome del vicino giardino vaticano di Niccolò III Orsini (1277-1280).

Testimonianze della decorazione architettonica di porta Angelica sono ancora visibili, murate, sul tratto delle Mura Vaticane nell’angolo con l’odierna piazza Risorgimento tra il Bastione del Belvedere e il nuovo muro di cinta restaurato nel 1929 in occasione della nuova delimitazione dello Stato della Città del Vaticano. 

La porta, di aspetto monumentale, si presentava con un grande fornice arcuato a bugnatura liscia, ornata ai lati da due angeli scolpiti in rilievo che simbolicamente rimandavano al concetto di città protetta e ben custodita. Nella chiave dell’arco era lo stemma mediceo del papa, oggi privo delle sei palle dell’emblema araldico.

Sull’attico correvano le due epigrafi dedicatorie: ANGELIS SVIS MANDAVIT DE TE VT CVSTODIANT TE IN OMNIBVS VIIS TVIS, ispirata al Salmo 90 di Davide e QUI VULT SALVAM REMPUBLICAM  NOS SEQUATUR.

La porta fu demolita nel 1890 nell’ambito del piano di costruzione del nuovo quartiere umbertino, allo scopo di rendere più agevole il traffico in relazione all’allargamento della via prevista dal Piano Regolatore. I frammenti furono recuperati grazie all’intervento del celebre storico tedesco Ferdinand Gregorovius (1821-1891).

La porta attualmente conosciuta come porta Angelica in prossimità del Colonnato di San Pietro è, in realtà, l’apertura a due fornici sul tracciato del passetto di Borgo. Uno dei due fornici risale al pontificato di Pio IV e fu aperto proprio in occasione della costruzione della porta originaria nel 1563, mentre il secondo fu aggiunto nel 1933 e reca lo stemma del Comune di Roma.

Porta Pertusa

Costruita probabilmente in posizione più avanzata rispetto alla cinta leonina sul luogo di una originaria posterula in corrispondenza dei Giardini Vaticani, porta Pertusa rappresentava un accesso di servizio della Curia. Prima della sua costruzione l’accesso ai Giardini Vaticani era garantito soltanto dalla porta Viridiaria costruita da Leone IV (847–855) in prossimità della basilica vaticana. 

L’accesso è caratterizzato dalla mole della Torre di San Giovanni delle mura di Niccolò V Parentucelli (1447–1455).

L’attuale porta, risalente alla costruzione della cinta cinquecentesca, su commissione di Clemente VII Medici (1523–1534) o, più verosimilmente di Pio IV Medici (1559–1565) in occasione del suo intervento di ampliamento della cinta, oggi si presenta murata.

Si tratta di un grande portale architravato con due piccoli passaggi laterali incorniciato da una doppia coppia di lesene in bugnato liscio. Al di sopra è ancora visibile lo stemma Medici. La porta costituiva l’accesso privilegiato per chi proveniva dalla via Aurelia e conduceva a via delle Fondamenta, dietro l’abside della basilica di San Pietro. Nel 1655 era già murata, ma venne aperta in occasione della visita in incognito a Roma della Regina Cristina Svezia. Nel 1832, all’epoca della stampa di Luigi Ricciardelli, la porta, erroneamente identificata con porta Fabbrica, presentava di nuovo i due accessi laterali murati.

Porta Cavalleggeri

Porta Cavalleggeri fu aperta da Nicolò V (1447 – 1455) sul tracciato della Civitas Leonina, la cinta difensiva dell’area vaticana che il pontefice Leone IV aveva fatto costruire in seguito al saccheggio della basilica di San Pietro da parte dei Saraceni nell’846. Conosciuta nella seconda metà del Quattrocento come porta Turrionis, era caratterizzata dalla presenza del grosso torrione semicircolare risalente al circuito altomedievale, ancora visibile nei pressi della Galleria Amedeo di Savoia, anche se in un contesto ormai alterato dalla viabilità moderna.

La denominazione porta Cavalleggeri si attesta sotto il pontificato di Pio IV Medici (1559 – 1565) per la vicinanza della caserma delle guardie Cavalleggeri, il corpo militare con compiti di guardia della residenza pontificia e delle cerimonie solenni. 

Lo stesso pontefice arricchì il fronte esterno con una fontana abbeveratoio alimentata dall’Acqua Lancisiana e, sul muro sovrastante la vasca, sono ancora leggibili le epigrafi e gli stemmi che ricordano la sua realizzazione nel 1565 per utilità e comodo del corpo di guardia dei Cavalleggeri e il suo restauro nel 1713 a opera di Clemente XI.

Ricostruita da Alessandro VI Borgia nel corso dei lavori di fortificazione intrapresi per l’Anno Santo del 1500, la porta presentava una mostra a bugnato singolo sormontato in chiave dallo stemma del pontefice.

Sotto Paolo III Farnese, nell’ambito dell’imponente opera di potenziamento difensivo della città, seguita al saccheggio del 1527, porta Cavalleggeri divenne nodo di congiunzione tra le Mura Vaticane e il nuovo circuito che si andava progettando alle pendici settentrionali del Gianicolo, poi definitivamente realizzato negli anni Quaranta del Seicento da Urbano VIII Barberini, nel tracciato che da porta Cavalleggeri passava per porta San Pancrazio e arrivava a porta Portese.  

Fu tra le porte principali che rimasero aperte anche nel 1656 quando, a causa della peste, la Congregazione di Sanità ordinò di chiudere gran parte degli accessi e di limitare l’ingresso in città. 

Luogo strategico di accesso dall’Aurelia, la porta, nel 1849, fu teatro di scontro tra i soldati della Repubblica Romana e le truppe francesi.

Nel 1890, insieme a porta Angelica, venne demolita per le nuove esigenze di viabilità. La decorazione architettonica, gli stemmi, le iscrizioni e la fontana vennero risparmiate e collocate nel tratto di Mura adiacente. In quella occasione la vasca abbeveratoio fu sostituita da un antico sarcofago di reimpiego.

Porta Santo Spirito

Le prime notizie sulla porta Santo Spirito sono riferibili al IX secolo quando papa Leone IV (847-855) fece costruire una cinta di mura da lui dette Leonine, per proteggere da futuri attacchi il territorio vaticano che era stato lasciato all’esterno delle Mura Aureliane.

Originariamente denominata posterula Saxonum (posterula dei Sassoni), perché vicina alla schola Saxonum, o di porta Nuova, sotto il pontificato di Innocenzo III (1198-1216) mutò il nome in porta Santo Spirito dal vicino complesso ospedaliero tuttora esistente. 

Ricostruita da Antonio da Sangallo il Giovane, che a seguito del drammatico saccheggio (1527) di Roma, venne incaricato da papa Paolo III Farnese (1534-1549) di rinforzare e ampliare le Mura di Roma, in particolare quelle della Civitas leonina, la porta, verso il lato esterno della città, presentava un grande fornice centrale, affiancato da coppie di colonne doriche e da nicchie, forse destinate a statue di santi.

Sulla fronte di entrambi i prospetti, al centro dell’attico, dovevano essere inserite due targhe marmoree, le cui iscrizioni, tramandate da Pirro Ligorio, erano state composte da Francesco Molza a celebrazione dell’opera fortificatoria promossa dal pontefice. La porta, proseguita dopo la morte del Sangallo (1546) dai suoi successori secondo il progetto originario, rimase incompiuta al di sotto dei capitelli.  

Caratterizzata dall’andamento curvilineo del prospetto esterno, la porta, racchiusa tra i due speroni delle nuove mura farnesi, si trovava sull’antico asse “urbano” della via sub Janiculo, poi della Lungara, che conduceva a porta Settimiana. Questo importante raccordo fra il circuito delle Mura Aureliane del Trastevere e quello papale, rettificato e fiancheggiato da eleganti ville signorili all’inizio del Cinquecento, veniva percorso dai pellegrini che durante gli anni giubilari dopo aver visitato San Pietro, attraversando porta Santo Spirito, porta Settimiana, Trastevere e ponte Rotto, raggiungevano San Paolo e San Giovanni in Laterano. 

Nel 1642, sotto il pontificato di Urbano VIII Barberini (1623-1644), con la creazione del nuovo sistema difensivo delle Mura Gianicolensi, la porta Santo Spirito si trovò all’interno della cinta muraria perdendo la sua funzione di accesso alla cittadella vaticana.  Privata del suo ruolo strategico, la porta rimase incompiuta, così come si vede oggi, quasi nascosta dall’imponenza del vicino bastione del Sangallo. 

Dopo l’Unità d’Italia (1870), la costruzione dei muraglioni del Tevere e le trasformazioni urbanistiche comportarono la demolizione di ampi tratti del circuito vaticano ancora oggi però in gran parte conservato. Tracce delle porte demolite restano ancora nei pressi di Porta Cavalleggeri e di Porta Angelica.  

Porta Portese

Porta Portese, posta a pochi metri dall’odierno ponte Sublicio, fu realizzata nel 1644 nell’ambito della costruzione del sistema difensivo del Gianicolo e di Trastevere durante la guerra di Castro, a circa 500 metri più a monte rispetto all’antica Porta Portuensis del circuito di Aureliano. Quest’ultima, rimasta fuori dal nuovo tracciato e perdendo così il suo scopo difensivo, venne demolita nel 1643 e i suoi materiali riutilizzati per la costruzione del nuovo accesso. 

La porta, edificata durante il pontificato di Urbano VIII Barberini sotto la direzione del cardinale Vincenzo Maculano da Fiorenzuola su progetto di Marcantonio De Rossi e del suo collaboratore Giulio Buratti, fu portata a conclusione sotto Innocenzo X Pamphilj, come attesta lo stemma di famiglia, con i gigli e la colomba con un ramo d’ulivo, che campeggia sopra l’arco centrale.

La porta è priva delle classiche torri laterali e presenta verso l’esterno della città un prospetto architettonico monumentale in travertino che reinterpreta il modello sangallesco della porta Santo Spirito: un grande fornice centrale, affiancato da quattro colonne doriche impostate su un alto stilobate e da due nicchie. L’attico è coronato nelle parti aggettanti da parapetti a giorno che fungono da balaustrata del cammino di ronda, al posto del normale camminamento merlato.

Per la sua prossimità al porto di Ripa Grande, questo ingresso aveva una funzione prettamente commerciale, come dimostra anche la presenza di strutture di servizio quali l’arsenale pontificio e la casa del dazio ancora visibili. La porta costituiva anche un punto di passaggio molto frequentato dai pellegrini che, giunti dal mare, risalivano il fiume per poi raggiungere il Vaticano attraverso Trastevere, passando per le porte Settimiana e Santo Spirito. 

Proprio per le aumentate esigenze di viabilità questo tratto di Mura è stato rimaneggiato nei primi decenni del ‘900: nel 1901 vengono rimossi gli infissi della porta ormai deteriorati e nel 1922 viene redatto un progetto per l’apertura di un nuovo fornice. Attualmente accanto alla porta sono presenti due passaggi, uno carrabile e uno più piccolo pedonale e ciclabile. 

Porta San Pancrazio

PORTA AURELIA – SAN PANCRAZIO

Porta San Pancrazio è situata alla sommità del Gianicolo e sostituisce l’antica porta Aurelia che si apriva lungo il perimetro delle Mura Aureliane, in posizione leggermente diversa rispetto a quella odierna. Doveva il nome alla via Aurelia, che si dirigeva a nord-ovest verso la costa tirrenica per poi raggiungere la Liguria. Già nel VI secolo fu più nota come porta San Pancrazio per la vicinanza con la tomba del martire cristiano Pancrazio, a cui fu dedicata la basilica posta poco fuori delle mura.

L’aspetto della porta di epoca romana è oggi ricostruibile dalle fonti iconografiche anteriori alla metà del XVII secolo. É probabile che avesse un solo fornice, rivestito di blocchi di travertino, fiancheggiato da due torri quadrangolari e che fosse dotata di una controporta. 

Con la costruzione della cinta muraria voluta da papa Urbano VIII (1623-1644), innalzata a protezione di tutto il Gianicolo dal Vaticano a Trastevere, la porta originaria fu sostituita da una nuova con fronte architettonico in travertino, in posizione appena più avanzata e con un’angolazione leggermente diversa. Tuttavia la nuova porta seicentesca non ebbe miglior fortuna di quella antica perché venne demolita insieme ai tratti attigui della cinta difensiva dalle cannonate francesi durante i combattimenti per la Repubblica Romana del 1849. 

Terminata la guerra, papa Pio IX dispose subito il restauro delle fortificazioni danneggiate e la ricostruzione della porta, affidandone la realizzazione all’architetto Virginio Vespignani. All’interno erano compresi ambienti per il presidio e per la riscossione del dazio.

Questa terza struttura è quella che ancora oggi vediamo: massiccia costruzione a tre piani, di forma quadrata, che prende spunto dall’arco trionfale. L’iscrizione sull’attico del fronte esterno ricorda le vicende relative alla rovina della porta di Urbano VIII e la ricostruzione di Pio IX, rappresentati rispettivamente dallo stemma Barberini e Mastai. Altri danni vennero arrecati durante la presa di Roma del 1870, quando entrarono le truppe guidate da Nino Bixio. 

Attualmente la porta si presenta del tutto isolata: infatti all’inizio del ‘900 per ragioni di viabilità furono aperti dei varchi sulle Mura, inizialmente chiusi da cancellate. 

Nel 2011, in occasione della ricorrenza dei 150 anni dall’Unità d’Italia, all’interno del monumento è stato allestito il Museo della Repubblica Romana e della memoria garibaldina

Porta San Giovanni

La porta, caratterizzata da un solo fornice rivestito in travertino, si apre nelle Mura Aureliane a poca distanza dalla antica porta Asinaria, alla quale si andò a sostituire come accesso alla città nel corso della seconda metà del XVI secolo.

In principio, infatti, papa Pio IV Medici nel 1564 fece aprire un varco in corrispondenza di una delle torri di questo tratto delle Mura, probabilmente per agevolare l’ingresso in alternativa alla porta antica, la cui quota di calpestio era ormai troppo bassa rispetto al suolo circostante. Successivamente, per volontà di papa Gregorio XIII Boncompagni (1572-1585), si procedette ai lavori di riorganizzazione della viabilità sia interna, verso la basilica di San Giovanni, che esterna, verso i Castelli Romani, e si edificò la nuova porta.

Il progetto dell’opera si deve a Giacomo del Duca, architetto di origine siciliana, già allievo e collaboratore di Michelangelo nella realizzazione di porta Pia, che si avvalse della collaborazione dei capomastri Bartolino e Giulio di Castello e Giovan Maria de Rubeis. La porta è costituita da un arco decorato da bugne dal taglio obliquo e dal taglio piatto, compreso tra due paraste giganti composte da bugne rustiche e bugne lisce alternate. In alto si imposta l’attico, traforato da balaustrini e decorato da ghirlande in corrispondenza delle paraste. Al centro è collocata la targa con l’iscrizione celebrativa che ricorda l’apertura della nuova porta, realizzata nel 1574 «per pubblica utilità e ornamento della città». Al di sopra è presente lo scudo di uno stemma, privo tuttavia degli elementi araldici. Sulla chiave dell’arco trova posto una testa moresca in marmo, con il capo adornato da una ghirlanda di fiori e con il collo abbellito da una collana di perle, probabile riferimento alla gloriosa vittoria riportata nella battaglia di Lepanto (1571) dalla Lega Santa contro l’impero ottomano.

La vicinanza della basilica lateranense, cattedrale di Roma, deve aver imposto la pianta asimmetrica della porta: il lato in direzione della chiesa presenta infatti un angolo di apertura maggiore rispetto all’altro, quasi un invito ad indirizzare il flusso di pellegrini e cittadini verso il luogo santo. 

Porta Pia

Il progetto di porta Pia fu affidato a Michelangelo Buonarroti (1475-1564), che realizzò solo il prospetto interno. I lavori, iniziati nel 1560, si interruppero nel 1565, lasciando incompleto il fastigio.

L’aspetto attuale del monumento si deve a Pio IX (1846-1878) che, a seguito della caduta di un fulmine nel 1851, affidò al suo architetto di fiducia Virginio Vespignani (1808-1882) la ricostruzione della facciata michelangiolesca: furono ricostruite tutte le parti murarie, mantenendo la struttura originaria solo nelle ali di muro laterali.

Nel 1852 Silverio Capparoni (1831-1907) realizzò l’affresco della Madonna con Bambino, trasformato poi in mosaico nel 1936.

Tra il 1862 e il 1868 Vespignani realizzò anche il fronte esterno, ispirandosi alla tipologia dell’arco trionfale a un solo fornice con nicchie laterali, entro le quali vennero collocate le sculture di Sant’Agnese e Sant’Alessandro realizzate nel 1865 da Enrico Amadori (1836-1867), che eseguì anche l’Angelo Pontificale sulla mensola nella chiave dell’arco. Si definì così la struttura a doppia porta con cortile.

Le operazioni militari della presa di Roma del 20 settembre 1870 causarono gravi danni soprattutto alle decorazioni del fronte esterno, alle cortine di muro adiacenti e alla parte interna del fronte michelangiolesco. Le successive esigenze funzionali di viabilità determinarono l’apertura di fornici e il taglio dei due tratti adiacenti di Mura, isolando così completamente la porta, oggi sede del Museo Storico dei Bersaglieri.

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