Aperta sulle mura cinquecentesche del circuito vaticano, porta Fabbrica, oggi murata e a una quota più bassa rispetto all’attuale piano stradale, presenta un semplice arco in laterizio con lo stemma pontificio di Clemente XI Albani (1700-1721) alla sommità. Come l’intero sistema difensivo cinquecentesco, la porta era preceduta sul fronte esterno da un fossato oggi non più presente, ma documentato dall’acquaforte di Giovan Battista Cipriani del 1817.
Il nome della porta deriva dal fatto che essa costituiva la via di comunicazione privilegiata alle fornaci della zona limitrofa in direzione dell’Aurelia Antica, da cui venivano prelevati i materiali per la fabbrica di San Pietro. Per tale motivo fu conosciuta anche con il nome di porta Fornacum.
Sotto lo stemma pontificio è ancora visibile l’emblema della Fabbrica di San Pietro rappresentato dalle chiavi e dalla tiara pontificia affiancate dalle lettere F. A. (Fabrica Apostolica).
Fu murata e riaperta varie volte fino all’intervento di ricostruzione del pontefice Albani che, secondo l’erudito Giuseppe Bianchini, la riedificò di nuovo dai fondamenti (G. Bianchini, G. Vasi, Delle magnificenze di Roma antica e moderna libro primo che contiene le porte e mura di Roma, Roma 1847).
G. B. CIPRIANI, Veduta di Porta Fabrica e delle mura limitrofe, 1817, circaPorta Fabrica1. G. B. CIPRIANI, Veduta di Porta Fabrica e delle mura limitrofe, 1817, circa 2. Porta Fabrica
Porta Castello
Costruita sull’ampliamento delle Mura vaticane voluto dal pontefice Pio IV Medici (1559–1565) intorno al 1563, porta Castello fu la prima in ordine di tempo aperta sul nuovo recinto mediceo in corrispondenza della spianata della fortezza di Castel Sant’Angelo.
La porta fu completata nel 1565 come attesta un pagamento per la decorazione architettonica allo scalpellino fiorentino Paolo Pianetto.
L’originario accesso, non più esistente, si trovava all’altezza delle attuali via di porta Castello e via Vitelleschi. Nel 1883 la Giunta Comunale ne deliberò la demolizione per le rinnovate esigenze urbanistiche del quartiere di piazza d’Armi.
Oggi, con lo stesso nome, vengono indicati i due fornici sul Passetto, il primo aperto dallo stesso Pio IV per l’accesso ai Borghi e il secondo risalente agli anni Trenta del Novecento.
La porta, dal marcato carattere militare, con un’unica apertura architravata a bugne, era decorata alla sommità delle lesene da due palle medicee, dallo stemma pontificio e da iscrizioni dedicatorie.
J. V. NICOLLE, Porta Castello nelle mura Vaticane e castel Sant’Angelo, 1806-1811, acquerelloFornici di via di porta CastelloP. PARBONI, Veduta di Porta Castello murata in Roma, sec. XIX (circa), stampaG. B. CIPRIANI, Veduta di Porta Castello presso San Pietro, con parte di Castel Sant’Angelo, 1817 (circa), acquaforte acquerellata1. J. V. NICOLLE, Porta Castello nelle mura Vaticane e castel Sant’Angelo, 1806-1811, acquerello 2. Fornici di via di porta Castello 3. P. PARBONI, Veduta di Porta Castello murata in Roma, sec. XIX (circa), stampa 4. G. B. CIPRIANI, Veduta di Porta Castello presso San Pietro, con parte di Castel Sant’Angelo, 1817 (circa)
Porta Angelica
Porta Angelica fu costruita nel 1563 sotto il pontificato di Pio IV Medici (1559-1565) in occasione del piano di ampliamento dei Borghi affidato dal papa mediceo all’architetto cortonese Francesco Laparelli (1521-1570).
La porta fu realizzata sul nuovo tratto di Mura Vaticane in sostituzione dell’antica porta San Pellegrino risalente al pontificato di papa Leone IV (847-855), dal 1277 conosciuta anche come porta Viridiaria dal nome del vicino giardino vaticano di Niccolò III Orsini (1277-1280).
Testimonianze della decorazione architettonica di porta Angelica sono ancora visibili, murate, sul tratto delle Mura Vaticane nell’angolo con l’odierna piazza Risorgimento tra il Bastione del Belvedere e il nuovo muro di cinta restaurato nel 1929 in occasione della nuova delimitazione dello Stato della Città del Vaticano.
La porta, di aspetto monumentale, si presentava con un grande fornice arcuato a bugnatura liscia, ornata ai lati da due angeli scolpiti in rilievo che simbolicamente rimandavano al concetto di città protetta e ben custodita. Nella chiave dell’arco era lo stemma mediceo del papa, oggi privo delle sei palle dell’emblema araldico.
Sull’attico correvano le due epigrafi dedicatorie: ANGELIS SVIS MANDAVIT DE TE VT CVSTODIANT TE IN OMNIBVS VIIS TVIS, ispirata al Salmo 90 di Davide e QUI VULT SALVAM REMPUBLICAM NOS SEQUATUR.
La porta fu demolita nel 1890 nell’ambito del piano di costruzione del nuovo quartiere umbertino, allo scopo di rendere più agevole il traffico in relazione all’allargamento della via prevista dal Piano Regolatore. I frammenti furono recuperati grazie all’intervento del celebre storico tedesco Ferdinand Gregorovius (1821-1891).
La porta attualmente conosciuta come porta Angelica in prossimità del Colonnato di San Pietro è, in realtà, l’apertura a due fornici sul tracciato del passetto di Borgo. Uno dei due fornici risale al pontificato di Pio IV e fu aperto proprio in occasione della costruzione della porta originaria nel 1563, mentre il secondo fu aggiunto nel 1933 e reca lo stemma del Comune di Roma.
G. B. CIPRIANI, Veduta di Porta Angelica e dei Palazzi Vaticani, 1817 circaPorta Angelica, 1684 circaE. Roesler Franz, Porta Angelica, 1880, acquerello su cartaM. Mang, Veduta di Porta Angelica e della zona circostante dal Vaticano, 1860-1880Porta Angelica, particolare rilievo con AngeloPorta Angelica, particolare stemma Pio IVFornici nel Passetto di Borgo per l’accesso di via di porta Angelica in piazza San Pietro1. G. B. CIPRIANI, Veduta di Porta Angelica e dei Palazzi Vaticani, 1817 circa 2. Porta Angelica, 1684 circa 3. E. Roesler Franz, Porta Angelica, 1880, acquerello su carta 4. M. Mang, Veduta di Porta Angelica e della zona circostante dal Vaticano, 1860-1880 5. Porta Angelica, particolare rilievo con Angelo 6. Porta Angelica, particolare stemma Pio IV 7. Fornici nel Passetto di Borgo per l’accesso di via di porta Angelica in piazza San Pietro
Porta Pertusa
Costruita probabilmente in posizione più avanzata rispetto alla cinta leonina sul luogo di una originaria posterula in corrispondenza dei Giardini Vaticani, porta Pertusa rappresentava un accesso di servizio della Curia. Prima della sua costruzione l’accesso ai Giardini Vaticani era garantito soltanto dalla porta Viridiaria costruita da Leone IV (847–855) in prossimità della basilica vaticana.
L’accesso è caratterizzato dalla mole della Torre di San Giovanni delle mura di Niccolò V Parentucelli (1447–1455).
L’attuale porta, risalente alla costruzione della cinta cinquecentesca, su commissione di Clemente VII Medici (1523–1534) o, più verosimilmente di Pio IV Medici (1559–1565) in occasione del suo intervento di ampliamento della cinta, oggi si presenta murata.
Si tratta di un grande portale architravato con due piccoli passaggi laterali incorniciato da una doppia coppia di lesene in bugnato liscio. Al di sopra è ancora visibile lo stemma Medici. La porta costituiva l’accesso privilegiato per chi proveniva dalla via Aurelia e conduceva a via delle Fondamenta, dietro l’abside della basilica di San Pietro. Nel 1655 era già murata, ma venne aperta in occasione della visita in incognito a Roma della Regina Cristina Svezia. Nel 1832, all’epoca della stampa di Luigi Ricciardelli, la porta, erroneamente identificata con porta Fabbrica, presentava di nuovo i due accessi laterali murati.
D. PRONTI, A. FRANZETTI, Veduta di Porta Fabbrica, Porta Pertusa, Porta Angelica e Porta Castello, 1790 circaG. B. CIPRIANI, Veduta di Porta Pertusa e delle mura limitrofe, 1817 circaL. RICCIARDELLI, Porta Pertusa, 1832Porta Pertusa1. D. PRONTI, A. FRANZETTI, Veduta di Porta Fabbrica, Porta Pertusa, Porta Angelica e Porta Castello, 1790 circa 2. G. B. CIPRIANI, Veduta di Porta Pertusa e delle mura limitrofe, 1817 circa 3. L. RICCIARDELLI, Porta Pertusa, 1832 4. Porta Pertusa
Porta Cavalleggeri
Porta Cavalleggeri fu aperta da Nicolò V (1447 – 1455) sul tracciato della Civitas Leonina, la cinta difensiva dell’area vaticana che il pontefice Leone IV aveva fatto costruire in seguito al saccheggio della basilica di San Pietro da parte dei Saraceni nell’846. Conosciuta nella seconda metà del Quattrocento come porta Turrionis, era caratterizzata dalla presenza del grosso torrione semicircolare risalente al circuito altomedievale, ancora visibile nei pressi della Galleria Amedeo di Savoia, anche se in un contesto ormai alterato dalla viabilità moderna.
La denominazione porta Cavalleggeri si attesta sotto il pontificato di Pio IV Medici (1559 – 1565) per la vicinanza della caserma delle guardie Cavalleggeri, il corpo militare con compiti di guardia della residenza pontificia e delle cerimonie solenni.
Lo stesso pontefice arricchì il fronte esterno con una fontana abbeveratoio alimentata dall’Acqua Lancisiana e, sul muro sovrastante la vasca, sono ancora leggibili le epigrafi e gli stemmi che ricordano la sua realizzazione nel 1565 per utilità e comodo del corpo di guardia dei Cavalleggeri e il suo restauro nel 1713 a opera di Clemente XI.
Ricostruita da Alessandro VI Borgia nel corso dei lavori di fortificazione intrapresi per l’Anno Santo del 1500, la porta presentava una mostra a bugnato singolo sormontato in chiave dallo stemma del pontefice.
Sotto Paolo III Farnese, nell’ambito dell’imponente opera di potenziamento difensivo della città, seguita al saccheggio del 1527, porta Cavalleggeri divenne nodo di congiunzione tra le Mura Vaticane e il nuovo circuito che si andava progettando alle pendici settentrionali del Gianicolo, poi definitivamente realizzato negli anni Quaranta del Seicento da Urbano VIII Barberini, nel tracciato che da porta Cavalleggeri passava per porta San Pancrazio e arrivava a porta Portese.
Fu tra le porte principali che rimasero aperte anche nel 1656 quando, a causa della peste, la Congregazione di Sanità ordinò di chiudere gran parte degli accessi e di limitare l’ingresso in città.
Luogo strategico di accesso dall’Aurelia, la porta, nel 1849, fu teatro di scontro tra i soldati della Repubblica Romana e le truppe francesi.
Nel 1890, insieme a porta Angelica, venne demolita per le nuove esigenze di viabilità. La decorazione architettonica, gli stemmi, le iscrizioni e la fontana vennero risparmiate e collocate nel tratto di Mura adiacente. In quella occasione la vasca abbeveratoio fu sostituita da un antico sarcofago di reimpiego.
F. CICCONETTI, Mura Leonine e Porta Cavalleggeri, 1874G. VASI, Porta Cavalleggieri olim Posterula, 1747G.B. CIPRIANI, Porta Cavalleggieri – Posterula, 1817Fontana sarcofago di Porta Cavalleggeri, 1565G. GASTALDI, Facies Exterior Porta Posterula vulgo Porta Cavalliggieri, 1684Porta Cavalleggeri, 1870Fontana di Pio IV ricostruita presso l’arco di Porta Cavalleggeri, 1938 – 19411. F. CICCONETTI, Mura Leonine e Porta Cavalleggeri, 1874 2. G. VASI, Porta Cavalleggieri olim Posterula, 1747 3. G.B. CIPRIANI, Porta Cavalleggieri – Posterula, 1817 4. Fontana sarcofago di Porta Cavalleggeri, 1565 5. G. GASTALDI, Facies Exterior Porta Posterula vulgo Porta Cavalliggieri, 1684 6. Porta Cavalleggeri, 1870 7. Fontana di Pio IV ricostruita presso l’arco di Porta Cavalleggeri, 1938 – 1941
Porta Santo Spirito
Le prime notizie sulla porta Santo Spirito sono riferibili al IX secolo quando papa Leone IV (847-855) fece costruire una cinta di mura da lui dette Leonine, per proteggere da futuri attacchi il territorio vaticano che era stato lasciato all’esterno delle Mura Aureliane.
Originariamente denominata posterula Saxonum (posterula dei Sassoni), perché vicina alla schola Saxonum, o di porta Nuova, sotto il pontificato di Innocenzo III (1198-1216) mutò il nome in porta Santo Spirito dal vicino complesso ospedaliero tuttora esistente.
Ricostruita da Antonio da Sangallo il Giovane, che a seguito del drammatico saccheggio (1527) di Roma, venne incaricato da papa Paolo III Farnese (1534-1549) di rinforzare e ampliare le Mura di Roma, in particolare quelle della Civitas leonina, la porta, verso il lato esterno della città, presentava un grande fornice centrale, affiancato da coppie di colonne doriche e da nicchie, forse destinate a statue di santi.
Sulla fronte di entrambi i prospetti, al centro dell’attico, dovevano essere inserite due targhe marmoree, le cui iscrizioni, tramandate da Pirro Ligorio, erano state composte da Francesco Molza a celebrazione dell’opera fortificatoria promossa dal pontefice. La porta, proseguita dopo la morte del Sangallo (1546) dai suoi successori secondo il progetto originario, rimase incompiuta al di sotto dei capitelli.
Caratterizzata dall’andamento curvilineo del prospetto esterno, la porta, racchiusa tra i due speroni delle nuove mura farnesi, si trovava sull’antico asse “urbano” della via sub Janiculo, poi della Lungara, che conduceva a porta Settimiana. Questo importante raccordo fra il circuito delle Mura Aureliane del Trastevere e quello papale, rettificato e fiancheggiato da eleganti ville signorili all’inizio del Cinquecento, veniva percorso dai pellegrini che durante gli anni giubilari dopo aver visitato San Pietro, attraversando porta Santo Spirito, porta Settimiana, Trastevere e ponte Rotto, raggiungevano San Paolo e San Giovanni in Laterano.
Nel 1642, sotto il pontificato di Urbano VIII Barberini (1623-1644), con la creazione del nuovo sistema difensivo delle Mura Gianicolensi, la porta Santo Spirito si trovò all’interno della cinta muraria perdendo la sua funzione di accesso alla cittadella vaticana. Privata del suo ruolo strategico, la porta rimase incompiuta, così come si vede oggi, quasi nascosta dall’imponenza del vicino bastione del Sangallo.
Dopo l’Unità d’Italia (1870), la costruzione dei muraglioni del Tevere e le trasformazioni urbanistiche comportarono la demolizione di ampi tratti del circuito vaticano ancora oggi però in gran parte conservato. Tracce delle porte demolite restano ancora nei pressi di Porta Cavalleggeri e di Porta Angelica.
F. CICCONETTI, Prospetto di Porta Santo Spirito con le mura adiacenti, ante 1874Pianta e prospetto della Porta Santo Spirito, inizio XVIII secoloBorgo Santo Spirito: prospetto della porta e dell’ospedale Santo Spirito, prima metà del XIX secoloE. DUPERAC, Pianta di Roma con le Sette Chiese, 1575N. Parr, Porta di Santo Spirito, 1750 circaVeduta di Porta Santo Spirito, 1860 – 1890Porta Santo Spirito, 1930-19401. F. CICCONETTI, Prospetto di Porta Santo Spirito con le mura adiacenti, ante 1874 2. Pianta e prospetto della Porta Santo Spirito, inizio XVIII secolo 3. Borgo Santo Spirito: prospetto della porta e dell’ospedale Santo Spirito, prima metà del XIX secolo 4. E. DUPERAC, Pianta di Roma con le Sette Chiese, 1575 5. N. Parr, Porta di Santo Spirito, 1750 circa 6. Veduta di Porta Santo Spirito, 1860 – 1890 7. Porta Santo Spirito, 1930-1940
Porta Settimiana
La porta prende il nome dalle terme di Settimio Severo che, localizzate in questa zona del Trastevere, caddero verosimilmente in disuso proprio a causa della costruzione delle Mura Aureliane che le attraversavano con il loro tracciato.
La forma originale della porta, costruita sull’asse che metteva in comunicazione Trastevere con la zona del Vaticano, non è conosciuta in dettaglio, anche se doveva appartenere alla tipologia delle porte minori. Vari gli interventi a cui fu sottoposta nel corso del tempo: tra gli altri, si ricordano il restauro di papa Niccolò V nel 1451 e la totale ricostruzione sotto Alessandro VI nel 1498 su disegno probabilmente di Antonio da Sangallo il Vecchio.
Al restauro eseguito da Pio VI alla fine del XVIII secolo si deve l’aspetto attuale della porta, a unico fornice sormontato da una fila di beccatelli e coronato da un attico con feritoie sulla facciata esterna e con merli ghibellini su quella interna. L’apertura è rivestita da un arco modanato sul fronte esterno e da blocchetti di travertino su quello verso la città; negli stipiti si conserva anche la scanalatura dove scorreva la grata per bloccare il passaggio. La porta era difesa da un’unica torre sul lato occidentale, forse già esistente in età romana.
Sulla sinistra di ambedue le facciate si conservano affreschi di carattere sacro, molto deteriorati, raffiguranti la Sacra Famiglia (XVI secolo) e l’Orazione di Gesù nell’orto (XVII secolo).
Durante il Medioevo la strada che passava da porta Settimiana divenne la direttrice principale per i pellegrini che, approdando al porto fluviale nei pressi di porta Portuense, volevano raggiungere San Pietro. La via era costeggiata principalmente da orti e vigne e solo con papa Giulio II (1503-1513) venne rinnovata quando il quartiere si trasformò in zona a carattere residenziale e la strada venne fiancheggiata da ville e palazzi signorili appartenenti a ricche e nobili famiglie, quali i Chigi e i Riario.
Con la costruzione della nuova cinta muraria voluta da Urbano VIII intorno alla metà del XVII secolo, che collegava Trastevere a Borgo includendo il colle del Gianicolo, porta Settimiana perse definitivamente la sua funzione difensiva per restare un semplice arco all’interno della città.
G.E. CHAUFFOURIER, Porta Settimiana, 1871, post.C. DOTTARELLI, Via di Porta Settimiana, angolo via di Santa Dorotea, 1939Porta Settimiana, veduta internaPorta Settimiana, Orazione di Gesù nell’OrtoPorta Settimiana, veduta esterna1. G.E. CHAUFFOURIER, Porta Settimiana, 1871, post. 2. C. DOTTARELLI, Via di Porta Settimiana, angolo via di Santa Dorotea, 1939 3. Porta Settimiana, veduta interna 4. Porta Settimiana, Orazione di Gesù nell’Orto 5. Porta Settimiana, veduta esterna
Porta Ostiense
La porta, una delle meglio conservate delle mura di Aureliano, fu aperta in corrispondenza della porta Raudusculana del recinto serviano; era nota come Porta Ostiensis già a partire dal IV sec.d.C. e più tardi fu chiamata anche Porta Sancti Pauli, dalla prossimità con la Basilica di San Paolo fuori le Mura, alla quale era collegata da un lungo porticato. Nella sua prima fase la porta presentava due ingressi rivestiti in pietra da taglio ed inquadrati da torri a pianta semicircolare; il fornice occidentale permetteva il passaggio della via Ostiense mentre quello orientale, nel versante interno della città, dava origine al Vicus Portae Raudusculanae.
All’epoca dell’imperatore Massenzio (306/312 d.C.) fu corredata da una controporta, anch’essa a due fornici, mediante l’innesto di due muri a tenaglia, in questa fase vennero anche rifoderate le basi delle torri con il tipico paramento in opera listata ed agli estremi delle pareti della controporta, furono ricavate due scale di accesso all’attico ed al cammino di ronda. In questa fase probabilmente fu anche realizzato un secondo piano.
Con Onorio la porta esterna fu ridotta ad un solo arco, venne ampliata la camera di manovra che fu anche illuminata da sei finestre, le torri furono rialzate, rinforzate all’esterno con blocchi di travertino e dotate di un terzo piano; all’esterno i vari piani furono marcati con cornici realizzate da mensole di marmo e ricorsi di mattoni.
Successivamente, a partire dall’ età bizantina, alcune finestre dell’attico furono chiuse, altre sostituite con strette feritoie e nella torre orientale con la chiusura di due finestre, fu ricavata una cappella, riconosciuta come la “cella muroniana” ricordata da alcuni testi medioevali, un piccolo eremo dei monaci greci che risiedevano in questo versante della città. I resti di affreschi più notevoli tra quelli ancora visibili, si trovano nella torre orientale e sono databili al XIII–XIV secolo, è riconoscibile una Madonna con Bambino sullo sfondo di una porta muraria. Le tracce dell’uso sacro degli ambienti superiori della porta e delle torri sono riconoscibili anche nel locale della saracinesca, nella torre occidentale e sulla terrazza che si apre sulla galleria tra le torri, qui sono visibili due costruzioni medioevali che fungevano da atri d’ingresso alle torri stesse.
Nella corte, dove era il corpo di guardia, a partire dal V ed almeno fino al XV secolo venne esercitata anche la funzione della riscossione del pedaggio di transito, nell’ultimo periodo appaltata ai privati; ancora oggi all’interno della porta San Paolo è conservata la c.d. Casina del Dazio, costruita nel 1749, sulla cui facciata sono due medaglioni con affreschi rappresentanti l’Annunciazione e la Vergine con Bambino ed un santo. Un’altra edicola, con arco a tutto sesto sostenuto da colonnine marmoree poggianti su mensole, sul fronte interno della porta, include un affresco databile tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo rappresentante San Pietro che secondo la tradizione, transitò da qui per recarsi al martirio.
La porta Ostiense fu restaurata numerose volte anche in età moderna: tra gli interventi più notevoli si ricorda il restauro di Niccolò V nel 1451, realizzato col denaro proveniente dal Giubileo dell’anno precedente e quello di Benedetto XIV, che a partire dal 1749 intervenne su tutta la cinta muraria, ricordato da un’epigrafe posta alla base della torre orientale. Del 1663 è il restauro di papa Alessandro VII del cui stemma in stucco rimangono ancora alcune tracce sull’arco della porta.
Per agevolare il traffico sempre più intenso in questa zona, negli anni Venti del secolo scorso, la porta fu isolata dalle Mura nel versante orientale; nei bombardamenti del 1944 andò distrutto il tratto di collegamento con la Piramide Cestia, dove si apriva anche una posterula visibile nelle foto d’epoca. Qui in seguito fu realizzata una strada intitolata a Raffaele Persichetti caduto negli scontri con le truppe nazifasciste.
Porta Ostiense è legata a numerosi eventi storici, tra i principali vanno ricordati l’ingresso a Roma dei Goti di Totila, dopo il tradimento degli Isauri, nel 549 d.C. e gli scontri dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 quando i civili e le truppe italiane cercarono di impedire l’occupazione nazifascista di Roma. Le lapidi commemorative degli eventi della Resistenza sono affisse sul tratto di mura che fiancheggia la Piramide.
I locali all’interno della porta furono nel 1942 adibiti a studio privato, e nel 1954 furono aperti al pubblico, dopo l’allestimento del Museo della via Ostiense, frutto della felice collaborazione tra l’Amministrazione Comunale e la Soprintendenza archeologica di Ostia Antica.
Il restauro più recente del complesso è stato effettuato dalla Sovraintendenza Comunale in occasione del Grande Giubileo del 2000.
C.B. SIMELLI, Porta Ostiense, prospetto esterno, 1864-1866Porta Ostiense, prospetto esternoPorta Ostiense, prospetto internoPorta Ostiense, prospetto internoPorta Ostiense, veduta della torre ovestPorta Ostiense, camminamento, livello 1 1. C.B. SIMELLI, Porta Ostiense, prospetto esterno, 1864-1866 2. Porta Ostiense, prospetto esterno 3. Porta Ostiense, prospetto interno 4. Porta Ostiense, prospetto interno 5. Porta Ostiense, veduta della torre ovest 6. Porta Ostiense, camminamento, livello 1
La Posterula Ardeatina
All’altezza dell’attuale via Cristoforo Colombo, grande via che collega il centro città al mare di Ostia, si apre la cosiddetta posterula Ardeatina, posta in prossimità di una torre angolare.
Al momento della costruzione delle Mura Aureliane un preesistente piccolo portale in laterizio fu annesso lungo il lato esterno della fortificazione. Il passaggio era in origine costituito da un arco, inquadrato da due colonne con capitelli corinzi e sormontato da architrave e timpani. La tipologia e lo stile della raffinata decorazione in cotto suggeriscono una sua datazione al II secolo d.C.
La trasformazione in posterula delle Mura provocò notevoli modifiche: furono aggiunti stipiti e un architrave in travertino a ridurre l’ampiezza dell’apertura; fu abbassata la soglia e fu aumentato lo spessore dell’arco per consentire, al di sopra, il passaggio del cammino di ronda coperto.
Nel XVI seolo. la posterula fu murata e fu riaperta solo nel 1940 durante i lavori per la realizzazione del viale di Porta Ardeatina. In quell’occasione fu scoperto un tratto di strada romana basolata, anch’essa precedente alle Mura, nella quale fu riconosciuta la via Ardeatina, posta in connessione con il portale originario. All’interno del circuito murario, a lato della posterula, si trovava un sepolcro in travertino dell’inizio del I secolo d.C., i cui resti si conservano inseriti nella vicina torre.
Sulla identificazione della posterula gli studiosi non sono concordi; alcuni, infatti, ipotizzano che la via Ardeatina non entrasse in città da questo passaggio, ma più oltre, in corrispondenza del tratto di mura distrutto nel 1538 per la costruzione del bastione Ardeatino.
Posterula Ardeatina e torri, prospetto esternoPosterula Ardeatina e torre prospetto esternoPosterula Ardeatina e torre prospetto esternoPosterula Ardeatina e torre prospetto esternoPosterula Ardeatina, torre e sepolcro, prospetto interno1. Posterula Ardeatina e torri prospetto esterno 2. Posterula Ardeatina e torre prospetto esterno 3. Posterula Ardeatina e torre prospetto esterno 4. Posterula Ardeatina e torre prospetto esterno 5. Posterula Ardeatina, torre e sepolcro, prospetto interno
Porta Appia
Il nome originario di questa monumentale porta, una delle più grandi e meglio conservate delle Mura Aureliane, era porta Appia dal nome della importante via lungo la quale si apriva. Nel medioevo prevalse quello di porta San Sebastiano in memoria del martire cristiano sepolto nella basilica lungo la via Appia, poco fuori le Mura.
Video: Semplicemente Appia/Just Appia
Negli spazi dell’antica porta è allestito il Museo delle Mura di Roma. Il percorso di visita presenta video, installazioni, plastici, calchi e pannelli didattici che introducono alla conoscenza delle Mura, della via Appia e della porta stessa. Dalla terrazza che sovrasta una delle due torri si gode di una magnifica vista.
Dal Museo si accede al tratto di camminamento compreso tra porta San Sebastiano e via Cristoforo Colombo; lungo circa 350 metri, comprende dieci torri, e, per un tratto, è aperto stabilmente al pubblico.
L’aspetto attuale di porta San Sebastiano è il risultato di molte trasformazioni architettoniche succedutesi nel corso dei secoli, fino al restauro condotto dall’arch. Luigi Moretti tra il 1940 e il 1943. In quell’occasione negli spazi dell’antico edificio venne allestito uno studio-abitazione per il gerarca fascista Ettore Muti.
La forma originaria della porta era a due archi gemelli, con la facciata rivestita di travertino e due torri semicircolari ai lati. Sul lato interno, a fianco dell’entrata del Museo, sono visibili tre blocchi di travertino resti di uno degli archi originari. Il primo piano delle torri e dell’ambiente sopra gli archi di passaggio (attico) era illuminato da finestre ad arco; il secondo piano era costituito da terrazze scoperte riparate da merli.
Con l’intervento di Onorio, agli inizi del V secolo, nuove torri in laterizio più alte e di forma circolare inglobarono quelle originarie. Fu aggiunta sul lato interno una controporta costituita da due muri semicircolari disposti a tenaglia, della quale rimane solo parte del braccio ovest, in cui si apre l’ingresso al Museo.
Al primo piano dell’attico era collocata la camera di manovra per l’apertura e la chiusura della porta. Attraverso mensole di travertino forate, che ancora si conservano, scorrevano le corde che, con il sistema della carrucola, consentivano di calare e sollevare la saracinesca.
In un momento successivo le torri furono in parte racchiuse da imponenti bastioni. I due archi di ingresso furono ridotti a uno solo e la parte inferiore della porta fu interamente rivestita di blocchi di marmo. Nell’ultima fase costruttiva furono innalzate di un piano sia le torri che l’attico sopra l’ingresso e la porta assunse l’aspetto imponente che ancora oggi si può ammirare.
Porta Appia, veduta aerea, Laboratorio Fotomeccanico del Ministero dell’Aeronautica, 1933Porta Appia e Museo delle Mura, veduta del camminamentoA. JEMOLO, Porta Appia, esterno, 2017A. JEMOLO, Porta Appia e Arco di Druso, 2017Porta Appia e Museo delle Mura, prospetto esternoPorta Appia, prospetto esterno1. Porta Appia, veduta aerea, Laboratorio Fotomeccanico del Ministero dell’Aeronautica, 1933 2. Porta Appia e Museo delle Mura, veduta del camminamento 3. A. JEMOLO, Porta Appia, esterno, 2017 4. A. JEMOLO, Porta Appia e Arco di Druso, 2017 5. Porta Appia e Museo delle Mura, prospetto esterno 6. Porta Appia, prospetto esterno