Itinerario 2. Da porta Nomentana a porta Maggiore / 556
Itinerary 2. From porta Nomentana to porta Maggiore / 558
Posterula
La posterula al momento dello scavo del 1981 1. La posterula al momento dello scavo del 1981
Passata via Montebello, si trova una delle piccole porte (posterulae) legate alla prima fase di costruzione delle Mura: se ne vede chiaramente lo stipite destro e l’architrave in travertino alleggerito da due archi di scarico in opera laterizia. È probabile che questa porta sia stata costruita per rendere possibile il passaggio di una strada secondaria che non poteva essere abolita dalle nuove Mura, forse perché a servizio di importanti proprietà o del vicino Castro Pretorio. Dopo un breve periodo dalla costruzione, questa posterula fu chiusa con un muro in opera laterizia molto simile per tecnica a quello della prima fase delle Mura.
L’epopea dei Bersaglieri
Anche se la prima apparizione dei Bersaglieri a Roma avvenne nel 1849 a Porta San Giovanni, nell’immaginario collettivo il loro ricordo è legato a Porta Pia.
Erano le 5.15 del 20 settembre 1870: tre batterie aprirono il fuoco, scandito e preciso su pochi metri di fronte, furono sparati 888 colpi e venne dato l’ordine di assalto ai bersaglieri del 12° e del 34° battaglione; varcate le Mura veniva quindi issata bandiera bianca e molte finestre della città si coprivano di tricolori improvvisati.
Il Corpo dei Bersaglieri, istituito nel 1836, fu fondato per volere del generale Alessandro La Marmora, convinto della necessità di dotare l’esercito di un Corpo di tiratori, o bersaglieri, forniti di un’arma a tiro rapido e preciso, addestrati ad operare in terreni accidentati e montuosi.
Dal 1887 il generale Edoardo Testafochi iniziò a raccogliere cimeli e documenti legati alle vicende dei Bersaglieri, incrementati nel corso degli anni fino a prendere forma concreta nel 1904 quando fu inaugurato, alla presenza del re Vittorio Emanuele III, il Museo Storico presso la caserma La Marmora in Trastevere. Ben presto i locali risultarono insufficienti, e per il Museo, trasformatosi nel frattempo in Ente Morale con decreto del 1921, venne proposta la sistemazione nei locali di Porta Pia concessi dal Comune nel 1931.
Il 18 settembre 1932 veniva aperta al pubblico la nuova e attuale sede del Museo alla presenza di cinquantamila cappelli piumati accorsi al suono delle fanfare da tutta la penisola, contemporaneamente alla solenne inaugurazione dell’imponente scultura in bronzo del bersagliere realizzata sul piazzale antistante da Publio Morbiducci.
Il Museo, memoria storica dello spirito e del cuore dei bersaglieri, accoglie migliaia di cimeli e ricordi, dipinti ad olio, acquarelli, tempere, bozzetti, raccolte di fotografie. Molte le armi di estremo interesse storico, dalle zagaglie alle lance, dagli scudi finemente cesellati ai tamburi. Appena entrati è il suggestivo Sacrario dedicato agli oltre centomila bersaglieri caduti per la Patria, mentre in una piccola sala, dedicata ad Enrico Toti e ai bersaglieri ciclisti, è conservata la famosa bicicletta con un unico pedale e la stampella.
L. TUMINELLO, G. ALTOBELLI, Porta Pia, esterno con i segni del bombardamento del 1870, 1870 ca.A. TRANZI, La Breccia di Porta Pia con la morte del maggiore dei Bersaglieri Giacomo Pagliari, 1882, olio su telaPorta Pia, particolare con le barricate dopo i cannoneggiamenti del 20 settembre 1870, 1870, albuminaG. ALTOBELLI, Ricostruzione dell’assalto delle truppe italiane a Porta Pia, 1870, albuminaP. PIRAINO, Monumento al bersagliere Enrico Toti, 1921-1932, bronzo, marmo e travertino (Porta Pia, cortile interno)P. PIRAINO, Monumento al bersagliere Enrico Toti, particolare della scultura, 1921, bronzo e travertino (Porta Pia, cortile interno),2022Cortile interno di Porta Pia con il Monumento al Bersagliere sullo sfondo, 20111. L. TUMINELLO, G. ALTOBELLI, Porta Pia, esterno con i segni del bombardamento del 1870, 1870 ca. 2. A. TRANZI, La Breccia di Porta Pia con la morte del maggiore dei Bersaglieri Giacomo Pagliari, 1882, olio su tela 3. Porta Pia, particolare con le barricate dopo i cannoneggiamenti del 20 settembre 1870, 1870, albumina 4. G. ALTOBELLI, Ricostruzione dell’assalto delle truppe italiane a Porta Pia, 1870, albumina 5. P. PIRAINO, Monumento al bersagliere Enrico Toti, 1921-1932, bronzo, marmo e travertino (Porta Pia, cortile interno) 6. P. PIRAINO, Monumento al bersagliere Enrico Toti, particolare della scultura, 1921, bronzo e travertino (Porta Pia, cortile interno),2022 7. Cortile interno di Porta Pia con il Monumento al Bersagliere sullo sfondo, 2011
Porta Prenestina e Labicana
La porta sorge sulla propaggine sud-est dell’Esquilino, in un’area un tempo elevata, denominata ad Spem Veterem per la presenza nelle vicinanze di un antico tempio dedicato alla Speranza. Il santuario, eretto nel 477 a.C., non è stato mai ritrovato, ma ha lasciato alla zona il toponimo. Il luogo era attraversato, fin da epoca remota, dalle vie Labicana e Prenestina.
Nel tempo l’area venne caratterizzata dalla presenza di numerosi acquedotti, che da qui entravano in città sfruttando l’altezza del luogo. Tra il 38 e il 52 d.C. furono eretti dagli imperatori Caligola e Claudio due acquedotti: Aqua Claudia e Anio Novus. In questa occasione fu costruito un grande arco a doppio fornice, realizzato in opera quadrata di travertino nella particolare tecnica detta a bugnato rustico. Le arcate, sotto le quali passavano le due strade, sono delimitate da piloni che presentano finestre rettangolari, inquadrate da semicolonne corinzie e sormontate da un timpano. L’attico dell’arco è costituito da tre fasce attraversate dagli spechi degli acquedotti e contraddistinte da iscrizioni: l’epigrafe superiore ricorda la costruzione dell’opera da parte dell’imperatore Claudio, mentre le altre due si riferiscono ai successivi restauri condotti da Vespasiano nel 71 e da Tito nell’81 d.C.
Con la costruzione delle Mura Aureliane, le arcate degli acquedotti furono inglobate nella nuova cinta muraria e i due fornici monumentali assunsero la funzione di porta urbica che rimase in uso fino all’epoca di papa Gregorio XVI nel 1838, quando venne abbattuta. Il suo aspetto originario ci è noto solo grazie alle antiche raffigurazioni, tra le quali quelle celebri di Giovanni Battista Piranesi e Giuseppe Vasi.
Ai due lati esterni erano due torri, originariamente rotonde, trasformate agli inizi del V secolo in forma quadrata durante la ristrutturazione avvenuta sotto il regno di Onorio. Nel corso delle demolizioni ottocentesche tornò alla luce l’antico sepolcro di Marco Virgilio Eurisace, inglobato nella costruzione della torre rotonda di Aureliano che era collocata al centro delle due porte. All’interno della cinta muraria vi era una controporta destinata al corpo di guardia, anch’essa demolita nel 1838, e la cui fondazione venne scoperta nel corso di scavi avvenuti negli anni 1955-1957.
Le due porte gemelle furono denominate, dal nome delle vie sottostanti, rispettivamente porta Labicana e porta Praenestina, mentre quello attuale di porta Maggiore (Porta Maior), attestato sin dal X secolo, sembra essere derivato dalla presenza della vicina basilica di Santa Maria Maggiore.
Porta Maggiore, prospetto internoG. VASI, Porta Maggiore, sec. XVIII, ultimo quarto, stampaVeduta di Porta Maggiore, sec. XIX, metà, dipinto ad acquarelloP. SCHENK, Veduta di Porta Maggiore, sec. XVIII, primo quarto, acquaforteDOLBY JOSHUA E. A., Veduta di Porta Maggiore, sec. XIX, secondo quarto, litografia (Museo di Roma, Gabinetto delle Stampe – MR 6294)1. Porta Maggiore, prospetto interno 2. G. VASI, Porta Maggiore, sec. XVIII, ultimo quarto, stampa 3. Veduta di Porta Maggiore, sec. XIX, metà, dipinto ad acquarello 4. P. SCHENK, Veduta di Porta Maggiore, sec. XVIII, primo quarto, acquaforte 5. DOLBY JOSHUA E. A., Veduta di Porta Maggiore, sec. XIX, secondo quarto, litografia (Museo di Roma, Gabinetto delle Stampe – MR 6294)
Porta Tiburtina
La porta Tiburtina mostra oggi un aspetto alterato da numerosi restauri. In origine doveva coincidere con l’arco voluto da Augusto, nel punto in cui tre acquedotti scavalcavano la via Tiburtina, antichissimo collegamento tra Roma, Tivoli e la costa adriatica. Sul prospetto interno delle mura è ben visibile questa prima fase; al di sopra dell’arco augusteo, ornato da una testa di bue scolpita sulla chiave di volta, campeggiano tre iscrizioni legate ai restauri degli acquedotti: in alto si legge l’iscrizione di Augusto scolpita sul condotto dell’Aqua Julia, al centro quella risalente al restauro di Caracalla nel 212 sulla conduttura dell’Aqua Tepula, mentre sul canale inferiore, quello dell’Aqua Marcia, l’epigrafe celebrativa del restauro voluto da Tito nel 79. Dall’altro lato, quello esterno che si affaccia sul quartiere San Lorenzo, è visibile la ristrutturazione in grandi blocchi di travertino del tempo dell’imperatore Onorio. Le finestre in alto servivano ad illuminare la camera di manovra dove i soldati di guardia alzavano o abbassavano una saracinesca. In facciata vi è l’iscrizione che ricorda l’ampliamento delle Mura e riporta i nomi degli imperatori Arcadio e Onorio.
Nel Medioevo le torri vennero completamente ricostruite in più fasi con blocchetti di tufo più o meno regolari, alternati a fasce di mattoni di recupero. In quest’epoca la porta era nota sia con il nome di porta San Lorenzo, per la vicinanza all’omonima basilica, sia con il nome di porta Taurina, per la presenza delle teste scolpite a rilievo sull’arco augusteo.
All’inizio del Quattrocento, durante gli scontri tra le truppe papali e l’esercito del Regno di Napoli guidato da Ladislao d’Angiò-Durazzo, la porta fu bombardata e il lato verso Roma subì gravi danni. Successivamente fu ristrutturata dal papa Nicolò V (1447-1455) che innalzò le torri fino all’altezza attuale: questo intervento è riconoscibile per l’uso di blocchi di tufo di grandi dimensioni. Ulteriori trasformazioni risalgono alla fine del Cinquecento quando, con la costruzione dell’acquedotto Felice, il condotto si sovrappose alle Mura nel tratto tra porta Maggiore e porta Tiburtina. Nel XVII secolo tutti gli spazi sul lato interno furono occupati da edifici per un corpo di guardia e il Dazio, documentati da diverse foto d’epoca tra fine Ottocento e inizio Novecento.
Nel 1917 il Comune di Roma, su progetto di Lucio Mariani, intervenne nell’area, chiudendo per sempre il transito attraverso l’arco augusteo, demolendo le costruzioni più recenti e trasformando la porta Tiburtina nel monumento di se stessa. Questo tratto di Mura divide oggi il quartiere San Lorenzo dall’area logistica della Stazione Termini.
A. JEMOLO, Prospetto esterno di Porta Tiburtina, 2017A. MILANA, Prospetto esterno di Porta Tiburtina, 1966Porta Tiburtina, prospetto esterno, 1920-1930C.B. SIMELLI, Porta Tiburtina, prospetto esterno, 1864-1866Porta Tiburtina, prospetto esterno, seconda metà del XIX secolo1. A. JEMOLO, Prospetto esterno di Porta Tiburtina, 2017 2. A. MILANA, Prospetto esterno di Porta Tiburtina, 1966 3. Porta Tiburtina, prospetto esterno, 1920-1930 4. C.B. SIMELLI, Porta Tiburtina, prospetto esterno, 1864-1866 5. Porta Tiburtina, prospetto esterno, seconda metà del XIX secolo
Porta Clausa
Porta Clausa si trova oggi all’interno dell’area del Provveditorato alle Opere Pubbliche ed è osservabile da via della Sforzesca. Si tratta di una delle porte meno conosciute del circuito, formata da un fornice aperto in un prospetto in blocchi di travertino riutilizzati, sovrastato dalla camera di manovra per il sollevamento della saracinesca un tempo dotata di sei finestre, successivamente tamponate. La tecnica costruttiva permette di attribuire i resti oggi visibili all’epoca di Onorio. È probabile che la porta non abbia mai avuto torri laterali. In questo punto doveva passare una via secondaria, che dalla porta Viminale, aperta nelle più antiche fortificazioni cittadine di età repubblicana, raggiungeva la via Tiburtina dopo aver fiancheggiato il lato meridionale dell’accampamento dei pretoriani. Gli scavi dell’Ottocento hanno mostrato che il lastricato della strada antica è ancora conservato sotto il terreno attuale.
Il nome Clausa, cioè chiusa, usato da secoli, indica che nella memoria popolare la porta è stata sempre percepita come impraticabile; la tecnica muraria a tufelli e mattoni alternati consente di attribuire la ristrutturazione interna al pieno Medioevo, e la sua tamponatura definitiva entro il XVI secolo. Nella cartografia storica la porta ricorre anche con altri nomi, quali Querquetulana (“del querceto”), e inter Aggeres, ovvero “tra i bastioni”. Quest’ultima definizione deriva dall’ipotesi secondo la quale la strada in uscita dalla porta corresse tra il Castro Pretorio e un recinto fortificato per gli animali destinati alle cacce e ai combattimenti dei gladiatori, prima di perdersi tra ville e campi.
Dal punto di osservazione di via della Sforzesca, la porta è preceduta da un muro rettilineo ricostruito nel Seicento e firmato con gli stemmi dei papi Gregorio XV e Urbano VIII; nel periodo di regno di quest’ultimo, lo Stato Pontificio era impegnato nella guerra di Castro contro i Farnese; per questa ragione le difese della città furono rafforzate con restauri in vari punti del circuito, come in questo caso, e con la costruzione delle Mura del Gianicolo. Questi interventi si caratterizzano per un largo uso di materiale di reimpiego.
A. JEMOLO, Porta Clausa, Porta Clausa, prospetto esterno, 2017Porta Clausa, prospetto esterno, 1930-1940C.B. SIMELLI, Tratto di Mura del Castro Pretorio con in fondo Porta Clausa, 1864-1866B. VAN OVERBEEK, Veduta della cosiddetta Porta Chiusa, 1708 1. A. JEMOLO, Porta Clausa, prospetto esterno, 2017 2. Porta Clausa, prospetto esterno, 1930-1940 3. C.B. SIMELLI, Tratto di Mura del Castro Pretorio con in fondo Porta Clausa, 1864-1866 4. B. VAN OVERBEEK, Veduta della cosiddetta Porta Chiusa, 1708
Porta Nomentana
Al momento della costruzione delle mura, porta Nomentana doveva essere uno degli accessi di seconda classe, a cavallo della via omonima: un percorso di origine remota che collegava Roma con il territorio laziale di confine e con la Sabina.
Il prospetto originario doveva essere in travertino ad unico fornice con due torri ai lati: a destra una tipica torre semicircolare su base quadrata con scala interna; a sinistra una torre quadrangolare costituita dal precedente monumento sepolcrale di Quinto Aterio (oratore che visse alla corte di Tiberio), di cui oggi è apprezzabile il solo nucleo in cementizio nel quale sono inglobati blocchi di travertino; questi elementi, in origine, avevano la funzione di favorire l’adesione del rivestimento in blocchi dello stesso materiale. Il riutilizzo di monumenti preesistenti è un fenomeno ben attestato nelle Mura Aureliane: ciò permise di completare il progetto più velocemente e di risparmiare materiale edilizio.
Quando a metà del Cinquecento Pio IV Medici decise di costruire un nuovo e monumentale ingresso alla città (Porta Pia), Porta Nomentana fu ristrutturata. Sulla nuova porta venne apposto lo stemma del papa, al secolo Giovanni Angelo Medici, e l’iscrizione “PIUS IIII MEDICES/MEDIOLAN PONT/MAX ANN [SAL]/M. D. LX IIII”. Dopo poco tempo andò in disuso e fu chiusa con un muro di tufi e marmi di riuso.
In questo tratto le Mura fanno da confine all’Ambasciata del Regno Unito, estesa all’interno della città, nell’area già occupata da Villa Torlonia, in precedenza proprietà della famiglia Costaguti.
Porta Nomentana, prospetto esterno, 1990Porta Nomentana, prospetto esterno, 1931. A sinistra il monumento sepolcrale di Quinto Aterio riutilizzato come torreC.B. SIMELLI, Tratto di Mura Aureliane presso Porta Nomentana murata, 1864-1866.1. Porta Nomentana, prospetto esterno, 1990 2. Porta Nomentana, prospetto esterno, 1931. A sinistra il monumento sepolcrale di Quinto Aterio riutilizzato come torre 3. C.B. SIMELLI, Tratto di Mura Aureliane presso Porta Nomentana murata, 1864-1866